Gli alberi sono le colonne del mondo.
Quando gli ultimi alberi saranno tagliati, il cielo cadrà sopra di noi.
(detto dei nativi americani)
In quel pomeriggio di maggio, che di primaverile aveva ben poco, l'impressione che il cielo ci piombasse comunque addosso era data più dal cielo plumbeo e minaccioso che dall'assenza di alberi, perché il bosco era folto, a tratti persino incombente, con le sue mille sfumature di verde e il suo inconfondibile profumo fatto di cortecce, di muschio, di foglie. E di terra.
L'azione dell'uomo, inequivocabile, si collocava in punta di piedi nell'ambiente naturale. Prudente e rispettosa, non lo offendeva, lo esaltava.
Le essenze, le forme e le idee raccontavano storie: di misteri e di trasformazioni, di domande e di soluzioni, di rifugi e di spinte vitali, di memoria e di eredità, di spiritualità e di universalità.
Gli alberi erano vivi. Respiravano. E noi con loro.
Il Respiro degli Alberi è un percorso di arte contemporanea permanente, che si snoda interamente nel bosco in quella parte dell'Altopiano di Lavarone affacciata sulla Valle del Centa e sull'Alta Valsugana e che porta il nome di Tomazol.
È un percorso facile e non troppo lungo (circa 2,5 chilometri) adatto a tutti, percorribile tranquillamente con i passeggini da trekking, con la mountain bike o con i cavalli, ma anche con le ciaspole nei mesi invernali.
Due gli ingressi possibili, da Lanzino e da Chiesa, dove l'accesso al percorso è più diretto; il rientro può essere effettuato sul medesimo tracciato oppure, con un interessante deviazione al Cimitero Militare Austro-Ungarico di Slaghenaufi, da Bertoldi e da Stengheli.
Per noi la deliziosa Lanzino, interessante evoluzione del tipico maso di origine cimbra, e i fiori di Bertoldi sono stati gli unici scorci colorati di una giornata cupa ed uggiosa.
Visitare Il Respiro degli Alberi non significa solo passeggiare in mezzo alla natura, ammirando le suggestive opere degli artisti selezionati, è soprattutto partecipare ad un progetto ben preciso, la cui origine, sorprendente ed inaspettata, è ancora visibile ancorché troppo poco valorizzata. Significa inoltre scoprire la figura dell'ideatore di questo bellissimo percorso e il suo amore per la Natura.
Ma andiamo con ordine!
Le opere de Il Respiro degli Alberi
Rispetto alle informazioni riportate dal sito ufficiale e contenute anche sul pieghevole scaricabile, abbiamo trovato alcune opere in più, segno che negli anni nuovi lavori hanno arricchito - e certamente arricchiranno anche in futuro - la serie.
Un sito in evoluzione dunque, ma sempre con gli alberi al centro della riflessione artistica.
Proprio all'inizio del percorso, subito dietro al cartello informativo, ci siamo imbattuti in Sleipnir (2020) di Duilio Forte, architetto italo-svedese affascinato dalla mitologia e dagli animali immaginari o estinti, che regala il suo cinquantunesimo esemplare del leggendario cavallo di Odino, il cavallo per eccellenza, eternamente in bilico fra il mondo ordinato degli umani e i misteri del bosco e della Natura imprevedibile.
In Verso la luce (2014) di Alessandro Pavone, scultore, pittore e grafico trentino, uomo ed albero si confondono. Entrambi anelanti la vita, compiono spesso sforzi sovrumani per sopravvivere e per procurarsi quanto necessario.
Le Memorie di un bosco (2014) di Paolo Vivian, realizzata con travi di recupero, è stata per me l'opera più poetica. È un'installazione, che ci parla di mutamenti, di storie tramandate, di passato che diventa futuro, di materia e di spirito.
Gli alberi, divenuti travi, portano nelle case le proprie memorie e nel tempo ne acquisiscono di nuove, così come le generazioni si susseguono, tramandando pezzi di vita.
I cubi, diversi gli uni dagli altri proprio come le persone, sono portatori di ricordi e si avvinghiano alla roccia, formando una croce.
Ecco allora che il ciclo di vita si conclude: la materia diventa spirito, la memoria diventa patrimonio di tutti.
Sembrava uscire dalle favole l'opera grandiosa del milanese Leonardo Nava, Radici dell'anima (2014).
Realizzata con legno di nocciolo, essenze trovate in zona, foglie e cera d'api, ci ha proiettati, non solo metaforicamente, nel cuore dell'albero, un luogo intimo tutto da scoprire.
Un po' come l'animo umano, per la comprensione del quale bisogna avere uno spirito aperto, curioso e propenso all'ascolto.
In località Castrodis, con lo sfondo di un cielo sempre più minaccioso, la Virtuosa natura (2014) del padovano Aldo Pallaro ci ha fatto riflettere sull'importanza di avere una mente aperta.
La conoscenza è sempre fonte di bellezza, non importa che origini essa abbia.
L'albero spaccato in due, che mostra tutti i segni del suo vissuto, svelando la sua essenza, diventa nutrimento per i magnifici funghi cresciuti ai suoi piedi.
È di Giampaolo Osele, creatore del percorso e di cui parlerò anche più avanti, Fra i rami un rifugio segreto (2014), l'opera somigliante al nido dell'uccello tessitore.
Un invito a distaccarsi dai ritmi frenetici della vita moderna, per riscoprire quelli della Natura e, di conseguenza, per dedicare tempo alla propria interiorità così spesso trascurata.
La scaletta, che penzola dal nido, vuole creare un legame con il mondo esterno, che non va escluso del tutto, ma non deve essere invadente.
Nel 2019, con Il giardino di Giampaolo, Marco Nones ha celebrato la vitalità invincibile e ultraterrena di un caro amico, Giampaolo Osele, prematuramente scomparso l'anno precedente.
Un'opera ricca di significato e con una simbologia ben precisa: le radici fuori dal terreno e rivolte verso l'alto rimandano alle nostre origini; i piccoli tronchi in cerchio rappresentano tutto quanto compone il vissuto; l'albero al centro, un ciliegio, che sopravviverà a tutti gli altri elementi, sarà il legame con il futuro. Crescerà, darà dei frutti, porterà avanti il ricordo.
Poco più avanti le scandole di larice rosso acceso dell'opera Sospensioni (2017) di Sonia Lunardelli e di Raffaele Quadri giocano con il verde della vegetazione, creando un legame fra la terra e il cielo.
Anche se quel giorno non c'era un filo di vento, davano l'impressione di essere in movimento e di volare via da un momento all'altro.
Suggestive!
Andrea Fabbro con il suo Organum (2015) pone l'attenzione su quanto non possiamo vedere ad occhio nudo, ma è ben celato.
Un inno all'impercettibile e alla coralità della Natura, fatta di voci non sempre distinguibili.
Ci è parsa molto compromessa e ormai scarsamente intuibile l'opera di Marco Nones del 2014, Radicati liberi, che nel dépliant informativo si presenta come uno slanciato cono regolare, di cui oggi rimane praticamente solo la base.
L'inevitabile deterioramento non toglie tuttavia fascino ad un lavoro, che vuole esaltare l'importanza degli alberi quali radici del cielo. È grazie agli alberi, infatti, che l'uomo si eleva, guardando verso l'alto, ponendosi domande, indagando misteri.
E grazie a queste radici, che devono essere ben salde, l'uomo può essere veramente libero.
Il cono è costituito da radici di essenze diverse.
L'ultima opera prima di arrivare al punto panoramico è Aspettando il volo (2014) di Gianangelo Longhini, artista vicentino che qui esalta l'ingegno della natura, che ha saputo trovare nel tempo soluzioni diverse per permettere la continuazione della vita.
La scultura in legno di cedro rappresenta una samara, quel frutto alato, che tutti ci siamo divertiti a far volare e che in autunno si disperde per raggiungere nuovi luoghi, dando origine a nuove piante.
Lo Spazio Arte all'Aperto e Giampaolo Osele
Prima ho parlato di origine, sorprendente e inaspettata, e devo per forza aprire una parentesi sullo Spazio Arte all'Aperto, collocato proprio all'inizio del percorso, in mezzo agli alberi, nascosto e scoperto quasi per caso, convinti com'eravamo di seguire il tracciato segnalato e vedere solo le opere indicate sul dépliant.
Questo luogo, che pare quasi dimenticato e un po' trascurato, incarna invece perfettamente i principi della Land Art, basata proprio sull'impermanenza e sul progressivo assorbimento dell'opera d'arte da parte della Natura.
Qui le sculture, quasi tutte di Giampaolo Osele, mostrano chiaramente i segni del tempo: i colori sbiaditi, il legno rovinato, le spiegazioni cadute o volate via. La Natura che si fa largo e, a volte, prende il sopravvento.
Il gesto, fatto in perfetta buona fede, di ricollocare alcune targhette sparse sul terreno, cercando di posizionarle sull'opera corrispondente, a ripensarci ora appare totalmente fuori luogo, in quanto alterazione di una situazione creata dalla Natura stessa e dal trascorrere del tempo. Forse sarebbe stato meglio lasciarle stare, chissà!
Descrivere tutte le opere presenti è impossibile, perché sono tante e perché di alcune si percepisce appena la presenza. Anche i titoli e i nomi degli artisti sono spesso difficili da capire, perché le informazioni non ci sono più. Vale la pena, però, mostrare qualche immagine, lasciando il resto all'immaginazione del lettore.
Mi sento, tuttavia, di menzionare fra tutte l'Indesiderato abbraccio (2001), sempre di Osele, che mostra come anche gli alberi possono essere colpiti dal cancro.
Osservando la pianta da due angolazioni differenti, possiamo notare come il tumore sia avvinghiato al tronco del faggio e come cresca assieme ad esso. Un vero e proprio abbraccio.
Un'opera, che certamente fa riflettere.
Lo Spazio Arte all'Aperto è attivo dal 2001 ed è proprio in questo contesto che Osele muove i primi passi della sua ricerca artistica nel campo della Land Art.
L'artista, nato a Trento nel 1954, dopo gli studi tecnici si laurea in architettura a Venezia. L'interesse per il disegno e l'incisione lo spinge ad approfondire le tecniche con alcuni corsi, mentre il suo percorso di scultore e di pittore è totalmente da autodidatta.
Il suo amore per la Land Art nasce in Val di Sella, dove rimane folgorato dalle strutture nate dal legno e dalla pietra e destinate a consumarsi al ritmo della natura. È un innamoramento immediato, una fascinazione che lo colpisce, lo cattura e lo porta via con sé. E così, dopo i disegni e le incisioni ecco, una volta ritornato a casa, reimpostare il suo sguardo sul mondo e sulla natura mediato da questa esperienza. Nascono così i lavori legati alla natura ritrovata e reinventata, ovvero alla materia vegetale trattata con amore (Fiorenzo Degasperi).
Nella sua arte di fondono elementi naturali come legni, cortecce, pietre e liane, cui vengono aggiunti pochi elementi artificiali (resine, colori, oro).
Numerose le mostre e i riconoscimenti sia in Italia che all'estero: Milano, Roma, Bologna, Barcellona, Bruxelles, New York, Parigi, Londra, Dubai.
Ha anche preso parte alla 54° edizione della Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi.
La piccola manifestazione artistica lungo l'antica via del Tomazol si rivela dunque il luogo ideale per le sue sperimentazioni e diventa, anno dopo anno, un appuntamento imperdibile per gli amanti del genere. Da quel lontano 2001 la tre giorni agostana continua ad ospitare artisti, con i quali è possibile passare qualche momento di condivisione.
Le opere, nel perfetto stile della Land Art, sono chiaramente tutte riflessioni in armonia con il paesaggio circostante, che permette sì la creazione di tali sculture, ma al tempo stesso ne diventa padrone, plasmandole continuamente. Le suggestioni dell'ambiente, così, si mischiano alle suggestioni della Natura, ricordandoci in ogni momento la sua grandezza.
Questo evento può essere considerato il papà de Il Respiro degli Alberi, inaugurato solamente molti anni dopo, il 14 agosto 2014, grazie all'interessamento del Comune di Lavarone, alla collaborazione con il Comune di Calceranica e al supporto della Provincia Autonoma di Trento.
Dal 2017 è attiva un'associazione, che ha lo scopo di prendersi cura del percorso, di valorizzarlo, di promuovere iniziative e di invitare nuovi artisti per arricchirlo.
Quante scoperte in un solo pomeriggio, non vi pare?
Bello!!! Segnato in agenda!
RispondiEliminaNella lista infinita? Comunque ti aspetto. Se vieni, ci torno volentieri!
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