[già su Ispirazioninfiera - Vite a regola d'arte - guest post di Barbara Fanelli]
Era fine gennaio, quando abbiamo annunciato la nostra partecipazione a Feltrosa, e da allora i mesi sono letteralmente volati via.
Manca pochissimo all’inizio della manifestazione e io mi trovo qui a raccontare un po’ il dietro le quinte di un evento davvero unico in Italia.
Per poter entrare meglio nell’atmosfera e per poter solo in parte immaginare cosa accadrà nei prossimi giorni a Cavareno, località che ospiterà l’edizione 2018, Federica ed io abbiamo contattato la signora Eva Basile, sua ideatrice e organizzatrice.
Raccontare in poche righe la sua storia di artigiana è pressoché impossibile: Eva Basile ha un curriculum incredibile! Presidente del Coordinamento Tessitori, vanta un’esperienza lunghissima nata sui telai tradizionali e arricchitasi di numerosissime esperienze.
Ecco che cosa ci ha raccontato.
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La sua passione per la tessitura nasce con il telaio Clementoni. Che ricordo ha di quel giocattolo, che ha influenzato così fortemente le sue scelte di adulta?
Era un giocattolo meraviglioso, ci ho giocato tantissimo!
Ho poi scoperto che la stessa tecnologia viene utilizzata ancora comunemente. L’ho mostrato di recente ad alcuni ragazzi dell’alternanza scuola-lavoro, abbiamo fatto un incontro insieme all’Auser (Associazione per l'Invecchiamento Attivo), utilizzando alcuni telai che ci ha fornito Simonella, la stessa ditta che li sponsorizza per Abilmente. Hanno qualche accorgimento in più rispetto al telaio Clementoni, ma di fondo sono proprio uguali.
I miei ricordi, invece, sono legati alla Maglieria Magica, mi era evidentemente sfuggito questo telaio!
La Maglieria Magica è un’altra cosa rispetto al telaio. Io l’ho acquistata qualche anno fa, perché volevo una macchina da maglieria da mostrare agli studenti nei corsi di moda. Per quanto di plastica ha gli stessi ingranaggi delle macchine da maglieria industriali.
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Ha cominciato a lavorare molto giovane ed è riuscita a trasformare la sua passione in lavoro. Praticamente ha realizzato un sogno?
Diciamo che io non ho fatto mai altro di lavoro!
Mi hanno fatto la medesima domanda anche ad Abilmente, quando mi hanno chiesto come avessi fatto a trasformare la passione in un lavoro. La verità è che io non sono mai riuscita a imparare un lavoro vero, non ho fatto altro nella vita.
Ho frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Firenze, ho studiato arti visive al D.A.M.S. di Bologna e poi ho cominciato subito a lavorare. Già negli ultimi anni dell’Istituto d’Arte facevo qualche piccola consulenza.
Ho creduto sempre tanto in questo lavoro, in quello che facevo. Talmente tanto che non ho voluto seguire i desideri dei miei familiari.
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Leggendo il suo curriculum mi sono chiesta, se la gente comune si renda conto di quale mondo incredibile sia dietro alla parola tessitura.
Secondo me, no. Le persone sono intimorite, perché la percepiscono come una cosa molto complessa. Quando però si mettono davanti ad un telaio, rimangono stupiti dal fatto che nel giro di un’ora o due si possono portare via un lavoro fatto per bene e con un senso.
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La tessitura è per tutti o solo per chi è esperto?
Se da una parte l’approccio alla tessitura può essere veloce e semplice, d’altra parte ci vuole tanto studio e pratica per diventare autonomi e poter gestire bene tutto il lavoro.
Questa cosa non è molto chiara! Nei vari forum mi è capitato di assistere a conversazioni, nelle quali si diceva che si era imparato a tessere grazie a dei tutorial su Internet. Ecco, non è proprio così che funziona.
Diventare tessitore è complesso. Se le persone accettano il concetto che un violinista deve studiare tantissimo per riuscire a ottenere risultati, lo stesso deve valere per l’artigiano, che non si improvvisa, che ha alle spalle anni di lavoro, di prove e sperimentazioni prima di riuscire a imporre gusto e stile.
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Ha fatto moltissime mostre, qual è l’opera alla quale è maggiormente legata e per quale motivo?
È un lavoro, presentato nel 2009 prima in Austria e poi al Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma in una mostra sulla fiber-art, che si chiama Repeat.
Questo lavoro vorrebbe essere il primo di una serie di lavori similari, ma è una cosa abbastanza complicata. Questo tipo di lavorazione si realizza con il telaio digitale e devo avere sia disponibilità di tempo, che di tecnologia, che di materiale.
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C’è una un tipo di lavorazione che predilige?
La tessitura Jacquard, che parte dal computer ed arriva al telaio.
Come mai?
La mia attività principale è fare consulenza per la Fondazione Lisio, per cui lavoro dal 1994. Mi occupo della formazione e della messa a punto dei progetti al telaio digitale.
Il telaio digitale mi piace particolarmente, perché lo trovo divertente.
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Ci può spiegare cos'è Feltrosa? Come nasce l’idea?
Anni fa, nel 2000, eravamo capitati in un meeting organizzato in Alto Adige, un meeting internazionale. Essendo terra di confine la lingua principale era il tedesco e noi avevamo un traduttore, che però non sempre era disponibile.
All’epoca in Italia eravamo non più di venti persone ad occuparci di tessitura, ma c’era sempre la sensazione di essere un po’ tagliate fuori, anche se io, che ho una certa dimestichezza con le lingue straniere, spesso facevo da traduttrice per gli stranieri. Abbiamo così pensato che sarebbe stato bello poter organizzare noi un incontro di feltrai.
Abbiamo avuto la fortuna di sapere che una delle insegnanti presenti in Alto Adige si sarebbe trovata in provincia di Pistoia per tenere un corso con un gruppo di Norvegesi. Chiesi, se sarebbe stata disponibile a rimanere una settimana in più, e invitai tutti i miei contatti tramite il mio sito. Creai l’evento grazie al Museo della Montagna Pistoiese, che ci ospitò.
Feltrosa nacque così.
Poi... il nome. Io, inizialmente, volevo chiamarlo Felt Italia, ma in corriera mi venne in mente Feltrosa, che mi ha portato fortuna.
Che è molto bello come nome e appropriato.
Ora, con i social media, siamo abituate a pensare che occorra un nome bello. Inizialmente lo chiamai Riunione Feltrosa poi tolsi la parola Riunione e rimase Feltrosa.
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Feltrosa non ha, come manifestazione, una sede fissa.
Farla sempre nello stesso posto significherebbe fare sempre le stesse cose. È difficile rinnovare una manifestazione, se il luogo è sempre quello.
Noi, poi, andiamo il più delle volte in posti piccoli, ma anche se organizzassimo in una grande città, alla fine sarebbe difficilissimo creare qualche cosa di diverso ogni anno. Già è faticosissimo così.
Per questo motivo mi appoggio ad organizzazioni locali, che conoscano il territorio e abbiano voglia di valorizzarlo.
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Quanto la scelta del luogo favorisce la riuscita di un evento?
Sono i luoghi a scegliere Feltrosa, non il contrario. Per l’anno prossimo abbiamo tre candidature nel Nord Italia, ma nessuna per il Centro-Sud.
Lo scorso anno, a Nazzano (RM), abbiamo avuto un’esperienza ed un’accoglienza bellissime. Quest’anno, a Cavareno, stanno lavorando come matti.
È bello anche per questo.
Feltrosa è un evento che si autofinanzia, non abbiamo grandi sponsor alle spalle. Chi viene a Feltrosa non lo fa tanto per imparare, perché non ha neanche bisogno di imparare, ma per incontrarsi e per stare insieme.
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Ci può dare qualche anticipazione? Cosa non dobbiamo assolutamente perderci?
Secondo me... quando si scioglieranno i tubi dell’ecoprint. La tecnica dell’ecoprint quest’anno farà da padrone!
Il corso di Indigo Ecoprint, che sarà tenuto da Pia Best-Reininghaus, ha avuto un successo pazzesco. Avevo preventivato tredici posti per il corso, ma nel giro di poche ore avevo già raggiunto e superato il numero delle adesioni. Ho pregato Pia di raddoppiare la data dei corsi e siamo così riusciti ad avere due corsi per un totale di ventisei partecipanti. Tutti gli ecoprinter più attivi in Italia saranno al corso e sarà veramente una bella esperienza.
Abbiamo anche la presentazione di un libro dedicato all’ecoprint, Alchimie Botaniche di Marisa Tacchi.
Beh, direi che possiamo tranquillamente partire per Cavareno: la manifestazione si preannuncia davvero interessante!
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