VINCENT OLTRE IL LOCKDOWN

Un po' ce lo sentivamo che sarebbe finita così. Ecco perché, quando abbiamo deciso di andare a trovare Van Gogh, ci siamo imposti di fare presto, perché sarebbe stato davvero brutto veder sfumare un'occasione tanto ghiotta per motivi non dipendenti dalla nostra volontà. Non è che Vincent passa tutti i giorni dalle nostre parti, lui è uno impegnato, si sa.

Abbiamo scelto il weekend lungo di inizio novembre, approfittando del ponte scolastico, e già ci pareva tardi. Più passavano i giorni e più la sensazione di non arrivare in tempo si faceva netta, accompagnata dall'accavallarsi ben poco incoraggiante delle notizie.

Eppure, una settimana fa, abbiamo incontrato Vincent!

Caspita, sì, wow, siamo davvero riusciti a non dargli buca e a non deludere le sue aspettative. Ci stava aspettando, sapete? Volevamo rivederci dopo tanto tempo e non vedevamo l'ora, anche perché quella volta a casa sua, in Olanda, non c'eravamo tutti e ci tenevamo tanto a farlo conoscere al pargolo.

Il fine settimana padovano era stato organizzato minuziosamente da settimane ... Vincent, un salutino a Giotto, un salto dal Santo, il Giardino Botanico, piazze e palazzi, bigoi e pazientina. Insomma il solito giretto autunnale sospeso fra arte e gastronomia, trasformatosi nella realtà in una toccata e fuga con l'idea, sempre presente, che di questi tempi fare il turista sia un tantino strano, se non addirittura fuori luogo.

Ci è andata bene, benissimo direi, perché qualche giorno dopo è arrivata la newsletter di Linea d'Ombra  "Van Gogh. I colori della vita è temporaneamente sospesa per il nuovo DPCM."

Nessuna sorpresa, era nell'aria. Neppure un particolare sollievo per essere riusciti a cogliere l'attimo. Più che altro dispiacere. 

Per chi era in attesa, per chi pregustava o per chi desiderava. 

Per chi ha tanto lavorato per la riuscita di un progetto pazzesco, investendo energie e denaro, che porta colori sgargianti in un periodo tanto grigio.

Dispiace, perché gli sforzi, tangibili, per garantire la sicurezza non sono bastati. Né qui né da altre parti veramente, ma non sta a me giudicare chi siano i buoni o chi i cattivi, chi ha ragione o chi ha torto, chi esagera o chi prende le giuste precauzioni.

Noi, al Centro San Gaetano, ci siamo sentiti più che sicuri, perché l'organizzazione è stata impeccabile e il rispetto delle norme anti Covid assoluto: gli orari di ingresso precisi più di un orologio svizzero, il distanziamento sistematico, l'igienizzazione maniacale. Niente insomma ci ha fatto pensare di poter, in qualche modo, correre dei rischi.

Certo visitare una mostra con l'accompagnatore, che scandisce, orologio alla mano, l'avanzamento nelle varie sale, che invita a non avvicinarsi agli altri visitatori e che controlla con occhio attento ogni singolo movimento, rende l'esperienza un tantino diversa, ma non per questo meno entusiasmante.

Del resto come potrebbe essere altrimenti?

La carrellata di capolavori è impressionante, un centinaio fra disegni e dipinti, molti dei quali arrivano direttamente dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, seconda collezione al mondo di opere di Van Gogh.

Nove sale che ci raccontano la vita di questo straordinario artista non solo attraverso le sue opere, ma anche attraverso le sue parole, ché le lettere sono il filo conduttore di questa esposizione e, più in generale, lo strumento indispensabile per ricostruire la vita del pittore.

L'epistolario di Van Gogh è un'opera monumentale, sconosciuta ai più, che riempie ben sei volumi: 903 lettere, scritte non solo in olandese, ma anche in francese e in inglese, il cui interlocutore principale è il fratello Theo. E non sono di sicuro tutte, perché molti scritti sono andati perduti.

Da queste lettere esce fuori un ritratto di Van Gogh totalmente diverso da quello comunemente noto: non era pazzo, non era depresso, non era alcolizzato, non aveva nessuna delle decine di patologie attribuitegli nei decenni. Van Gogh era semplicemente un genio, con una precisa visione della vita e ben conscio del suo valore.

Questi scritti, così intimi e sinceri, sono una continua sorpresa e la loro lettura, che ho intrapreso poco prima di andare a Padova, può essere senza dubbio un interessante punto di partenza per prepararsi alla visita, anche se le audioguide messe a disposizione dei visitatori accompagnano in maniera più che adeguata sia i grandi sia i piccini.

Raccontare la mostra non è semplice e non lo voglio nemmeno fare, perché a Padova bisogna proprio andarci di persona.

Da quando è stata annunciata, parecchi mesi fa, sono stati versati fiumi d'inchiostro, così come tanto è stato scritto, detto e mostrato da quando è stata aperta il 10 ottobre scorso. Il successo immediato e travolgente, le molte prenotazioni, l'attesa spasmodica non stupiscono nonostante le difficoltà del periodo. Van Gogh è Van Gogh!

Io, al cospetto di cotanta meraviglia, mi sono veramente emozionata!

Sono sprofondata negli occhi di un'anziana donna del Brabante, mi sono fatta un giretto nella Montmartre di fine '800, ho finalmente conosciuto Armand Roulin, sono stata assalita dalla malinconia davanti ad un covone giallo sotto un cielo nuvoloso e ...

... ho avuto la tentazione fortissima di allungare la mano su uno qualsiasi di quei capolavori assoluti dell'arte mondiale ... sì, lo so, se l'avessi fatto, avrei passato un guaio ... ma la verità è che, davvero, trovandomi a poche decine di centimetri da quel tratto straordinario, da quei colori incredibili e da quei visi universalmente noti, mi sono sentita parte di un qualcosa di grandioso. 

E Vincent, di nuovo, come tanto tempo fa, era ancora lì!

I libri qui sopra, corposo souvenir della mia trasferta padovana, sono rispettivamente l'attesissimo nuovo libro di Marco Goldin, curatore della mostra, e il catalogo della stessa.

Ho la sensazione, che sarò parecchio occupata nei prossimi mesi, voi che dite?



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