RITORNO AL METS. TUTTO IL SELVATICO INTORNO A NOI

Posso dirlo senza esitazione: nella triade dei musei a quattro lettere, rigorosamente maiuscole (MART, MUSE, METS), il Museo etnografico di San Michele è da sempre il mio preferito. Lo è fin da quando portava un nome molto più lungo ed evocativo, Museo degli usi e costumi della gente trentina, e ben prima dell’attuale logo moderno e accattivante. Lo è da quando ci andavo in visita con la scuola, quindi un bel po' di tempo fa.

Negli anni ci sono tornata spesso, a volte in occasione di mostre o iniziative speciali, a volte semplicemente per il piacere di ritrovare le sue straordinarie collezioni: meravigliose testimonianze del passato che riescono ogni volta a sorprendermi ed emozionarmi.

È un museo con l'anima il METS, uno scrigno prezioso che custodisce l'essenza della gente trentina, un luogo dove la memoria non è mai silenziosa, ma risuona potentemente, dando vita ad un racconto estremamente affascinante.

Un tempo convento, luogo di preghiera e di raccoglimento, il METS custodisce oggi quegli stessi ritmi lenti appartenuti ad una civiltà contadina ormai quasi del tutto scomparsa e i tesori qui conservati, preziosa eredità di quei tempi lontani, trasformano le sue stanze in spazi vivi dove i gesti del lavoro quotidiano tornano a parlare.

Cinque piani di esposizione, venticinque sezioni, quarantatré sale accolgono i visitatori, regalando loro un'esperienza immersiva che intreccia passato e futuro, saperi e abilità, incanto e lucida ammirazione.

Qui ogni dettaglio racconta una storia e ogni ambientazione, valorizzando attività, usanze e tradizioni, esalta le peculiarità delle nostre genti, sintesi di sacro e profano, di quotidiano e solenne.

Custode attento delle radici del passato, il METS è un museo in movimento, che riesce ogni volta a rinnovarsi e reinventarsi, rimanendo però sempre fedele a se stesso.

Ecco perché tornare al METS è un po' come rileggere un buon libro: stesse parole, nuovi significati.

In questo contesto stimolante e in continuo dialogo con il territorio e la sua identità si inserisce l'imperdibile mostra Selvatico sarai tu!, un progetto multidisciplinare e immersivo, che ha l'obiettivo di esplorare per quanto possibile il concetto di selvatico in tutte le sue sfumature, cercando anche di dare l'idea della sua evoluzione nel tempo, fra terrori passati, difficili equilibri presenti e speranze future.

Più che una semplice esposizione Selvatico sarai tu! è un racconto corale articolato in quattro sezioni distinte, vere e proprio mostre dentro la mostra. 

Ognuna di esse affronta il tema del selvatico da una prospettiva diversa, offrendo un'esperienza completa e multidimensionale. Dalle rappresentazioni dell'uomo selvatico nelle Alpi al dialogo con la botanica, dalla ricostruzione sensoriale di un bosco alpino all'arte contemporanea, ogni sezione restituisce un mondo a sé, al tempo stesso parte integrante di un tutto molto più ampio.

Quattro modi per esplorare non solo ciò che è selvatico fuori di noi, ma anche quello che, in maniera più o meno sopita, in noi vive.

La sezione Il volto dell'uomo selvatico, curata da Silvia Spada Pintarelli, accompagna il visitatore in un viaggio visivo lungo secoli di rappresentazioni di una figura enigmatica e misteriosa: l'Uomo Selvatico appunto.

Attraverso una selezione di opere, documenti e manufatti, l'allestimento esplora la sua evoluzione iconografica tra Medioevo e Rinascimento, soffermandosi in particolare sull'arco alpino e sull'area trentino-tirolese con una rimarchevole deviazione in Val Gerola.

Dalla pittura murale all'araldica, passando per gli oggetti di uso quotidiano viene delineato il quadro di un Uomo Selvatico, che assume forme ricorrenti e fortemente radicate nell'immaginario collettivo.

Naturalmente selvatico?, curata da Danilo Gasparini con la collaborazione di Silvano Rodato, apre invece una profonda riflessione sul rapporto tra uomo e Natura. Un legame fragile, ma essenziale, che nei secoli ha avuto nella biodiversità spontanea una risorsa preziosa per la cura e il nutrimento.

La sezione racconta il modo in cui le culture alpine hanno osservato, raccolto e utilizzato il selvatico, facendone patrimonio comune, utile non solo per la sopravvivenza, ma anche per la costruzione di saperi condivisi. I trattati redatti da medici e speziali e diffusi grazie alla stampa furono per secoli l'unica fonte per la farmacopea.

Fulcro dell’allestimento è la presentazione, per la prima volta al pubblico, di alcune pagine di un raro erbario tirolese del tardo Settecento. Una testimonianza affascinante del sapere erboristico e delle relazioni che nei secoli si sono intrecciate tra uomo, piante e territorio.

E bisogna proprio dire che questa straordinaria raccolta, che custodisce la bellezza di ottocentoquarantaquattro campioni di piante essicate, può essere veramente considerata la perla di questa mostra.

Ritrovata all'interno di un antico baule e proveniente dalla regione alpina del Tirolo storico, che comprendeva anche l’attuale Trentino Alto - Adige, è certamente il frutto di anni di lavoro come dimostrano la diversa compilazione delle etichette, le differenze della carta utilizzata e il diverso tipo di scrittura.

È plausibile che, oltre alle piante raccolte dall'autore, vi siano esemplari scambiati con altri botanici dell'epoca. 

L'installazione Immersi nella natura, curata dalla Magnifica Comunità di Fiemme in collaborazione con Elio Vanzo e con la Floricoltura Roncador ricostruisce nel chiostro del museo un vero ambiente boschivo. Un'installazione che non si limita ad essere osservata, ma diventa uno stimolo potente per tutti i cinque sensi.

Ogni dettaglio, dalla disposizione della piante ai contrasti cromatici, è pensato per restituire un'immagine viva, accogliente e selvaggia insieme.

L'aria è impregnata del profumo di resina, di legno, di foglie. 

I suoni avvolgono. Il paesaggio acustico accompagna ad ogni passo, sospendendo il tempo quotidiano.

La materia si può sfiorare: cortecce rugose, muschio morbido, aghi di pino pungenti.

Il bosco suggerisce la presenza di bacche, di funghi, di erbe aromatiche, di resine profumate, richiamando le cucine di montagna e i rimedi tradizionali.

Questo bosco diurno, utile e amichevole, naturalmente, si trasforma con il calare delle tenebre in un luogo misterioso, popolato da esseri e animali mitici, che alimentano paure ancestrali, esorcizzate con rituali sacri e raccontate attraverso storie e leggende.

Selvatico contemporaneo è infine la sezione della mostra che apre uno sguardo sul presente e riunisce le opere di undici artisti contemporanei chiamati a confrontarsi sul rapporto tra essere umano e Natura, vista come la sua dimensione più istintiva e libera. 

Radicata nel mito e nei racconti popolari essa diventa perciò una fonte di ispirazione inesauribile per l'arte. 

Le opere presenti, che utilizzano linguaggi e tecniche molto diverse, sono disseminate lungo il percorso museale in mezzo alle collezioni permanenti. Il passato etnografico incontra così l'immaginario contemporaneo, creando un ponte tra memoria e visione.

Le opere, tutte, sono un concentrato di creatività tale che è impossibile non ricordarle una per una.


 
Nell'ambito della mostra meritano certamente menzione, inoltre, le splendide fotografie di Albert Ceolan: Wilden, relativa al Carnevale Schleicherlaufen di Telfs, e Krameter, relativa al Carnevale Mullerlaufen tipico dei villaggi della regione di Hall-Wattens.

Intriganti poi le rappresentazioni multimediali, realizzate con animazioni in computer-grafica 2d e 3d, tratte dal volume Viaggio nell'immaginario popolare del Trentino. Leggende dell'uomo selvatico di Andrea Foches.

Sei narrazioni animate con letture in italiano, ladino, mòcheno, cimbro e nòneso, di cui è reperibile il DVD, ma che possono anche essere comodamente gustate sul canale Youtube del METS:  L fus de orUomini selvatici in Val del FèrsinaDer Wild MónnEl Capitèl de l’Òm SelvadechDar Sambinèlo, L’Òm Pelós.

Infine, quasi un saluto ai visitatori, l'invito dell'Uomo Selvatico a pescare dentro al grande paiolo in rame.

Un minuscolo pezzetto di carta, che non è solo ricordo o legame con questo percorso straordinario, ma diventa soprattutto la chiave per aprire uno spiraglio sul selvatico che è dentro di noi.



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