MEMORIE DI ROMA, MEMORIE DI TRENTO: CARLO GAVAZZENI RICORDI AL PALAZZO DELLE ALBERE

La nostra vita è breve: parliamo continuamente dei secoli che hanno preceduto il nostro o di quelli che lo seguiranno, come se ci fossero totalmente estranei; li sfioravo, tuttavia, nei miei giochi di pietra: le mura che faccio puntellare sono ancora calde del contatto di corpi scomparsi; mani che non esistono ancora carezzeranno i fusti di queste colonne.

(Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano)



È una Roma in divenire quella che si intuisce dalle straordinarie fotografie di Carlo Gavazzeni Ricordi in mostra fino a lunedì scorso al Palazzo delle Albere di Trento. Una Roma, che non è passato e che non è presente, ma piuttosto una visione atemporale di bellezze antiche e di tracce contemporanee.

Non solo. La Roma classica e la Roma barocca, annullando secoli di storia e fondendosi con la Roma di oggi, diventano l'inevitabile presupposto per la Roma di domani, che aggiungerà per forza di cose nuovi elementi, lascerà nuovi segni, aggiungerà nuove tappe ad un processo inarrestabile.

Ecco allora che le fotografie dell'artista milanese, perlopiù stampe di grande formato, non sono solo e semplicemente la rappresentazione di un luogo preciso in un preciso istante, ma sono più propriamente la sintesi di momenti diversi, la sovrapposizione di attimi.

Questa stratificazione temporale è il risultato di una linea del tempo, che si contrae così tanto da scomparire. Un tempo immaginario, insomma, che va a collocarsi fuori da ogni epoca e proprio per questo motivo assume un significato universale.

Nell'opera di Yourcenar i pensieri di Adriano, uomo partecipe e artefice del suo tempo, si trasformano pagina dopo pagina in riflessioni di carattere generale: Adriano non solo si avvicina a noi, ma diventa uno di noi. Il racconto della sua vita e della sua opera da contingenti e transitori diventano patrimonio umano.

Allo stesso modo le fotografie di Gavazzeni Ricordi, ottenute con la tecnica della doppia esposizione, ci restituiscono l'immagine di una Roma senza tempo, immediatamente identificabile, appartenente a tutti.

Rendono bene l'idea le parole di Tahar Ben Jelloun, scrittore, poeta e saggista marocchino, nonché curatore della mostra, che così descrivono l'esperienza delle fotografie esposte.

C'è un grande poeta libanese che si chiama Adonis che ha scritto un poema, lo cito per quello che ricordo io: "ditemi cosa vi è di chiaro in una relazione tra un uomo e una donna". Naturalmente nulla è chiaro, anche se loro hanno una chiarezza intrinseca. E se avessimo chiesto a Carlo Gavazzeni Ricordi di fare una fotografia di questa coppia, avrebbe preso dieci scatti in momenti diversi e mischiato tutto ciò in un'unica immagine. Non per arrivare alle verità, ma per avvicinarsi alla verità.

Quando ho visto queste fotografie impressionanti, ho visto i muri di Roma come se fossi stato lì duemila anni fa, ma al tempo stesso ho visto una Roma con i graffiti di oggi. E l'arte di Carlo è quella di aver reso il connubio tra un passato molto antico e un presente attualissimo.

Di fatto ha spogliato Roma.

Questa Roma nuda, realtà privata della dimensione temporale, si riveste - grazie al lavoro dell'artista - di mille sfaccettature, che non sono sempre facilmente intuibili. L'artista - continua Ben Jelloun - cerca ciò che è dietro l'apparenza.

La realtà in fondo non è che un inganno della nostra mente, che ci restituisce un immagine totalmente soggettiva, parziale, e che solo sovrapponendosi ad altre visioni si avvicina alla verità.

Compito dell'artista è dunque quello di rendere ciò che è apparentemente semplice, complesso. Ossia renderlo, dargli la verità.

Perfettamente in linea con il significato di questa affascinante mostra mi è parsa la scelta della sua collocazione a Palazzo delle Albere, edificio storico di grande rilevanza, il cui glorioso passato è spesso oscurato, nel sentire comune, dai lunghi anni di abbandono.

Le fotografie di Gavazzeni Ricordi, sapientemente inserite in sale affrescate, 

mischiate ad opere moderne

e organizzate in modo da esaltare la sensazione di continuo passaggio fra presente e passato,

paiono rendere giustizia a questo luogo e alla sua storia.

Il Palazzo odierno, ormai affermato luogo di incontro tra arte e scienza, ospita proposte culturali sia del Muse sia del Mart, ma per chi, come me, ha vissuto per tanti anni la sensazione di avere vicino casa un inestimabile tesoro scarsamente valorizzato o completamente dimenticato, risulta molto difficile staccarsi completante da quei ricordi.

La mia visita, in questo senso, probabilmente suggestionata anche dalle gigantesche fotografie di Gavazzeni Ricordi, è stata davvero una sovrapposizione di passato, di presente e di futuro, ché l'aspetto odierno di un museo prestigioso proiettato al domani si è sommata alla meraviglia di trovarmi in saloni, che certamente non avevo mai avuto modo di visitare, e che mi hanno proiettato negli antichi fasti della villa madruzziana. 

Nel 1673 lo storico Michelangelo Mariani, nel volume Trento con il Sacro Concilio ed altri notabili, parla del Palazzo delle Albere come di un luogo meritevole di essere visitato. La descrizione, molto dettagliata e molto efficace, restituisce l'immagine di un luogo così diverso dal presente, che bisogna veramente fare un grande sforzo di immaginazione, per "vedere" quanto vide lui.

Vi si va per amplo, e lungo spalleggiato di densi alberi, e grandi, a man destra dei quali scorre mormorando gentil alveo.
In arrivando s'apre davanti, come anfiteatro di pianura, o Piazza distinta in Alberi, e passeggi, formando di se il Palaggio, quasi bel teatro di prospettiva.
Il luogo è posto in isola di forma quadrangolare a torri con riparo nobile di balaustra, a regolar recinto di Mura, e Fosse e Ponte levatoio alle gran Porte.
Il sito al di fuori contiguo al Palazzo non può essere più propino in genere di delizia, e d'amenità, massime in primavera e prima estate che vi si gode con il corso del vicino Adige il zampillare de' ruscelli, il canto degli augelletti, la verdura dei prati, la coltura degli horti, la copia de' vignali; e tra una popolazione di Pioppe la solitudine.
In faccia poi tenendosi di là dal Fiume una cascata d'Acqua, che si vede precipitar dal dorso di Sardagna con piè d'argento. Acqua che senza gran difficoltà si potria condur davanti al Palaggio, per ivi farla saltar à misura, che casca con diletto de Prencipe.

Esistono per fortuna immagini storiche, che ci aiutano ad avere un'idea più precisa di questa zona e ci mostrano il Palazzo delle Albere in tutto il suo splendore.

Ricostruire le vicende del palazzo, perfetto esempio di residenza suburbana, non è sempre cosa facile per via della scarsità di documenti. È certo, però, che fu voluto da Gaudenzio Madruzzo, padre di Cristoforo, principe vescovo ai tempi del Concilio di Trento. L'inizio dei lavori dovrebbe essere ascrivibile al III-IV decennio del XVI secolo.

La parabola discendente delle Albere iniziò con l'estinzione della dinastia dei Madruzzo nel 1658. Nel 1796 un incendio danneggiò in maniera irreparabile la villa. Restaurata una prima volta tra il 1833 e il 1834 ed una seconda nel 1867, fu successivamente abbandonata e utilizzata come cascinale.

Nel 1903 Cesare Battisti si lamentò, sul quotidiano locale Vita Trentina, del pessimo grado di conservazione; nel 1925 Antonio Pranzelores denunciò la vendita di un'area pertinente al Palazzo a scopo industriale; nel 1963 fu necessario sgomberare inquilini indesiderati.

Il Palazzo delle Albere divenne, tristemente, el mas desert e solo nel 1970 fu acquistato dalla Provincia Autonoma di Trento.

Da lì in poi una lenta, lentissima ripresa. 

Leggo, in un articolo de Il Dolomiti di circa tre anni fa, che i due presidenti del Muse e del Mart - Stefano Zecchi e Vittorio Sgarbi - si dichiarano convinti che sia stata una follia non essere stati in grado di utilizzare per anni un edificio del genere.

Concordo pienamente, una follia. 

L'immagine dominante di un palazzo abbandonato, o chiuso per lungo tempo, inevitabilmente sedimentata nella mia mente, ha contribuito tuttavia a rendere ancora più stupefacente la mia recente visita, esaltando la bellezza (ri)scoperta di questo luogo, oggi completamente trasformato. 

Il passato glorioso del Palazzo delle Albere e il suo futuro, che si prospetta brillante, non cancelleranno gli anni perduti per sempre, ma hanno reso il presente, il mio presente in quelle stanze, veramente speciale, perché il fluire del tempo, distintamente percepibile dentro le fotografie di Gavazzeni Ricordi, si è sovrapposto allo scorrere dei secoli e alle mutazioni continue ed inesorabili di un angolo della mia città. 

Memorie di Roma. Memorie di Trento.



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6 commenti :

  1. wow ... davvero stupefacente... la parola esatta .... che fortuna avere simili gioielli.... merita sicuramente più che una visita. Bellissima

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  2. eccomi... beh come primo impatto mi hai steso! che meraviglia... Bellissime le foto e stupendo il racconto! grazie... ah che voglia di tornare in Trentino "tutti gli anni" come facevo da ccciovane... e magari fare il biglietto sola andata? sogno un po'...

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    Risposte
    1. Chi ben comincia è a metà dall'opera! Quando vieni in Trentino fai un fischio ....

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